• Vincent Van Gogh
  • 1890
  • 50,3 x 103 cm
  • Olio su tela
  • Van Gogh Museum – Amsterdam

10 luglio 1890 Avers-sur-Oise

Caro Theo, mi sono rimesso al lavoro con il pennello che mi cadeva quasi di mano e ho dipinto una grande tela. Si tratta di un immenso campo di grano sotto un cielo tempestoso e non ho esitato a cercare di esprimere la tristezza, l’estrema solitudine. Questa tela vi dirà ciò che non so dire a parole, quello che vedo nella campagna.

Così scrisse Vincent Van Gogh in una lettera destinata al fratello, riferendosi al più affascinante, misterioso ed inquietante dipinto della sua parabola di artista: il celebre Campo di grano con volo di corvi. Questa tela è eccezionale già dal formato, con una base doppia rispetto all’altezza: Van Gogh voleva un campo di grano vastissimo, in cui pareva cercare di perdersi tra le messi. Realizzato con uno stile materico e veloce, il dipinto appare diviso nettamente in due fasce cromatiche contrastanti: nella parte bassa predomina il colore oro delle spighe di grano, tra le quali si dispiegano tre sentieri bruni, in alcuni punti arricchiti da tocchi di verde. La parte alta è costituita invece dal freddo blu cobalto del cielo, con sfumature molto scure e tendenti addirittura al nero. È proprio questo cielo minaccioso che nasconde il mistero del dipinto, infatti è proprio da esso che giungono, sinistramente, dei corvi neri. Gli uccelli si dirigono verso il basso e l’osservatore, incombendo ed intaccando la sfumatura dorata e chiara del campo. Il paesaggio è illuminato dal sole che, però, non è rappresentato nel dipinto. La luce sembra infatti arrivare dall’alto e si diffonde nell’ambiente, dando così un aspetto bidimensionale all’opera, nella quale cielo e campo appaiono sullo stesso piano. L’unico elemento che rende il senso di profondità è il sentiero centrale, che conduce lo sguardo verso l’orizzonte serpreggiandosi e restringendosi progressivamente.

Tutti questi elementi contribuiscono, alla prima impressione, a creare un quadretto paesaggistico ma presto, esaminando il peculiare stile dell’artista, si scopre che non è affatto così: le spighe sono sferzate da un forte vento che le fa piegare e formare onde, rese attraverso pennellate violente, spezzate, stese in direzioni opposte, caotiche. Lo stesso modo per il cielo, i cui tratti più scuri sembrano confondersi con i corvi, diretti verso Il basso in un volo radente di veloci e sottili pennellate. Si comprende quindi che in quest’opera Van Gogh non descrive la realtà dal suo punto di vista, seguendo il principio dell’Impressionismo, ma compie l’operazione inversa: è la realtà stessa che diventa rappresentazione dell’io interiore dell’artista; per questo motivo egli viene considerato pioniere dell’Espressionismo, nonché dell’Arte Moderna. E in Campo di grano con volo di corvi ci viene offerta la rappresentazione di un io interiore agitato e terribilmente scosso da un’angoscia profonda. Del resto, è ciò che si coglie nelle parole scritte – e soprattutto in quelle sottaciute – che si leggono fra le righe della lettera scritta al fratello. La tristezza e l’ estrema solitudine di cui parla Van Gogh si ritrovano in maniera più accentuata nell’ultima fase della sua vita, nella quale traspaiono le manifestazioni di un animo sempre più tormentato e che culminano in questo dipinto.

Considerato l’ultimo prodotto dell’artista, il capolavoro è infatti stato interpretato da molti come un cupo presagio della sua morte, avvenuta poco tempo dopo la sua composizione, il 27 luglio 1890. Due anni prima l’artista olandese si era trasferito ad Arles, inseguendo il sogno di creare una comunità di artisti che lavorassero fianco a fianco, e dove viveva nella famosa Casa Gialla con l’amico e pittore Paul Gauguin. Tale convivenza si risolse però in un drammatico scontro di caratteri, causato anche dall’instabilità emotiva di Van Gogh, che infranse il sogno di armonia di Vincent. Inoltre, i tentavi di conquistare il mercato con un’arte innovativa, diversa dai canoni piccolo-borghesi, formali e ipocriti, dai quali si era categoricamente allontanato, si rivelarono ripetutamente fallimentari, in quanto nessun acquirente considerava valido il suo stile. Così, negli anni successivi, sentendosi deluso e tradito, Van Gogh approdò infine ad Auvres-sur-Oise, dove rappresentò nei suoi quadri un disagio esistenziale sempre più acuto, un “mal de vivre” che non trova via d’uscita. Anche quel campo di grano che dipinse, poco prima di morire, sembra non avere sbocchi: parrebbe avere sentieri, ma si perdono nel nulla. Pure l’azzurro del cielo appare chiuso, come per una bufera imminente.

Van Gogh non fu il semplice “artista folle” dalla mentalità comune, ma un grande genio visionario, che affidò alla natura la rappresentazione del suo stesso animo, e la cui grandezza fu riconosciuta soltanto dopo la morte. E questo fu da egli predetto poiché, non trovare integrazione nella sua società significava invece “vivere per la generazione che verrà”.

Laura Schirru