• Paul Gauguin
  • 1891
  • Olio su tela
  • 91,5×69 cm
  • Museo d’Orsay – Parigi

L’enigma celato in fondo agli occhi infantili di una donna tahitiana è e rimane incomunicabile.

Paul Gauguin fu un pittore francese della seconda metà del XIX secolo, caratterizzato da quell’esotismo che tanto lo coinvolse ed ispirò durante il suo viaggio in Martinica. I critici d’arte hanno sempre fatto fatica ad etichettarlo come appartenente ad una precisa corrente artistica, in quanto il giovane Gauguin si avvicinò in un primo momento all’impressionismo, movimento che ben presto abbandonò a causa dell’adozione di soluzioni cromatiche antinaturalistiche e di una resa dei volumi che lo portarono ben distante da quel modo di fare arte. Viene oggi considerato per questo motivo un capo scuola a tutti gli effetti in quanto riuscì, grazie ad un nuovo viaggio nelle terre di Tahiti, ad arrivare alla sintesi definitiva tra colore e disegno, tendendo quindi fortemente la mano verso il nuovo Movimento Simbolista, di cui Gauguin certamente può essere considerato il precursore.

Donne di Tahiti è sicuramente uno dei dipinti più iconici dell’intera produzione di Paul Gauguin, che determina chiaramente il suo distacco dall’Impressionismo, verso quelle istanze e quelle modalità considerabili pre simboliste. In primo luogo, analizzando dal punto di vista spaziale le due figure femminili ritratte, si nota come la prospettiva geometrica sia completamente abolita dal pittore, il quale accenna soltanto ad un leggero scorcio prospettico delle gambe della ragazza di sinistra, sufficiente a far capire che si trovano in primo piano. Non esiste una complicata interazione spaziale tra le due, difatti vengono raffigurate l’una accanto all’altra, senza alcun tipo di contatto fisico evidente, fatta eccezione per le loro gambe che si sovrappongono, anche se non è dato sapere con esattezza, a causa della prospettiva, se effettivamente si stiano toccando. Il paesaggio che funge da contorno alle due protagoniste, è determinato dalla spiaggia su cui siedono e dal mare in lontananza, raffigurato grazie all’alternarsi di due tonalità di grigio con il verde, scandite da contorni ben marcati. Si notano anche le increspature del marequasi del tutto omesse, se non fosse per quelle rare e spesse linee bianche che si scorgono tra un tono e l’altro. Il paesaggio è pertanto molto semplice e indefinito, come se fosse un bozzettoquasi interamente astratto, fungendo quindi soltanto da elemento decorativo e riempitivo. Dal punto di vista dell’illuminazione non si riesce ad individuare la fonte da cui proviene e inoltre è quasi del tutto assente il chiaroscuro. Le due ragazze siedono accanto con lo sguardo distolto dall’osservatore: quella di destra indossa una tunica rosa che preclude, a causa anche della posizione in cui siede, la vista delle gambe. Osservando accuratamente i tratti del viso, si nota che ombreggiature e sfumature non pullulano come si era abituati a vedere nella precedente produzione artistica, bensì sono anch’esse soltanto accennate in segno di una grandiosa semplicità che Gauguin trasmette. La ragazza dalla tunica rosa è indaffarata, presumibilmente senza un particolare interesse, nell’avvolgere di fibre vegetali, come suggerisce quella che si trova alla base del quadro.

La ragazza di sinistra si sorregge appoggiando il palmo della mano sulla sabbia col braccio teso, e la posizione assunta è di scorcio rispetto alla centralità del quadro. Veste una canottiera bianco avorio ed una gonna, lunga sino alle caviglie, di un rosso accesso intervallato da motivi floreali di colore bianco ed in testa, come d’altronde l’altra, un fiore appoggiato sull’orecchio. Il pittore ha scelto per i loro vestiari colori molto accessi e saturi, senza dar spazio alle tinte più tenui. Il volto della ragazza di sinistra guarda in basso, con lo sguardo fisso, segno di una probabile preoccupazione, mentre l’altra ragazza guarda in maniera distorta e con disprezzo verso la destra dell’osservatore, come se qualcuno la stesse disturbando. È da prendere in considerazione il fatto che Gauguin viaggiò sì per lavoro, ma anche per l’esigenza di evadere da quella realtà caotica, sporca, industrializzata e corrotta che caratterizzava le città europee del XIX secolo, dirigendosi per scelta verso destinazioni esotiche, come Tahiti, in cerca di pace, tranquillità, semplicità, per meglio esprimere la sua poetica.

Elia Monetti