• Francisco Goya
  • 1814
  • Olio su tela
  • 226 x 345 cm
  • Museo del Prado – Madrid

Francisco José de Goya y Lucientes nasce a Fuendetodos, piccolo villaggio dell’Aragona nei pressi di Saragozza, il 30 marzo 1746. Sin dai primi anni è affascinato dalla pittura di Tiepolo e poco tempo dopo intraprende un viaggio in Italia che risulterà fondamentale per la sua successiva produzione artistica. L’invasione delle truppe francesi, l’ascesa di Napoleone in Spagna e le conseguenti rappresaglie, lasciano un segno tangibile nella vita dell’artista che decise, attraverso le sue opere, di raccontare i tragici eventi che videro protagonista passivo e inerte il popolo spagnolo. A tal proposito uno dei quadri più emblematici di tali eventi è la Fucilazione del 3 maggio 1808. La tela è in connessione con un precedente dipinto, il 2 maggio 1808. Queste due date coincidono con l’invasione delle truppe francesi in Spagna, che provocarono l’uccisione di diversi ribelli e innocenti cittadini. Tuttavia il 3 maggio passò alla storia come un giorno violento e col passare degli anni diventò anche il simbolo di questi massacri.

Per via del forte interesse alle vicende storiche a lui contemporanee, Goya decise di dipingere una situazione molto cruda,quasi una fotografia che immortala il momento precedente alla fucilazione dei cittadini spagnoli. L’attenzione dell’osservatore cade immediatamente sulla disposizione spaziale dei protagonisti: a sinistra si trovano tutti gli abitanti prigionieri dell’esercito francese e sulla destra appunto i soldati di Napoleone, pronti a fare fuoco. Sullo sfondo invece, caratterizzato dal buio, si notano le sagome di alcuni edifici che fanno pensare a Madrid. L’intera scena avvenne di notte e l’unica fonte di luce è la lanterna ai piedi dei soldati. In questo dipinto risulta comunque evidente come l’artista prediliga un forte contrasto tra chiaroscuri, evidente nella divisione della scena tra la luce della lanterna del primo piano, e il buio che racchiude lo sfondo. La lanterna, la luce dell’Illuminismo, la ragione che squarcia le tenebre dell’ignoranza del buio, di tutto ciò che di spalle fa da sfondo.

Altra caratteristica del quadro sono gli atteggiamenti delle persone rappresentate. In primo luogo si nota immediatamente il prigioniero con le braccia alzate verso il cielo e la maglietta bianca. La sua posizione è stata oggetto di diversi studi, che hanno portato alla conclusione di come questo povero uomo simboleggi, così come Cristo, la vittima che si sta sacrificando per tutto il popolo,  a conferma vi è una stimma nella mano sinistra dell’uomo. Accanto a questa figura, si trova poi il cadavere di una vittima già uccisa dal plotone, che ha le braccia alzate in segno di resa. Spostandosi a sinistra si osserva un personaggio che con i pugni chiusi simboleggia la frustrazione, la rabbia del popolo, pronto a resistere e combattere contro gli attacchi nemici. Vi è anche un’immagine contrapposta a quest’ultima: un uomo inchinato, quasi piangendo, rappresentando coloro che si arrendono, abbandonando ogni speranza. Goya quindi non tralascia nessun particolare, nemmeno quelli più cruenti: dal sangue che scivola a terra, alla massa degli spagnoli già trucidati. A destra i soldati sono tutti presentati di spalle e questo risponde a una precisa volontà dell’artista: le truppe ascoltano  tutto ciò che il comandante dice loro, non possono lasciarsi turbare dalle proprie sensazioni ed emozioni, costretti ad eseguire l’ordine.

Leonardo Torri