• Aninis
  • VI sec. a.C.
  • 210 cm
  • Pietra e marmo
  • Museo Archeologico Nazionale d’Abruzzo – Chieti

Nel 1934 Michele Castagna fu protagonista di un’importante scoperta. Stava arando il campo nei pressi di Capestrano, paese nella valle del fiume Tirino in provincia di L’Aquila, quando d’improvviso qualcosa interruppe tutto: si era imbattuto in una statua enorme,  che noi oggi conosciamo come Guerriero di Capestrano. Fu avviata poco dopo sul luogo una campagna di scavi, diretta dall’archeologo Roberto Moretti, che portò alla luce una necropoli, con alcune tombe e corredi funerari risalenti al VII-VI secolo a.C., non lontana dall’antico insediamento vestino di Aufinum, l’attuale Ofena, paese, come Capestrano, del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga. Il più recente programma di scavi, nei primi anni duemila, ha portato alla luce un centinaio di tombe e oltre cinquecento reperti archeologici.

Chi ammira il Guerriero nella sua maestosità, con i suoi 2 metri e 10 centimetri d’altezza e l’ampio elmo circolare, non può più dimenticarlo. Imponente e altero, non finisce di stupire per la sua regalità, portandosi dietro anche un’aura di mistero. Rimasto a lungo senza nome, è stato il Soprintendente archeologico di Roma, Adriano La Regina, a decrittare l’iscrizione in lingua osco-picena incisa sulla colonna sinistra della scultura, scoprendo il nome del personaggio, il Re Nevio Pompuledio, e quella dell’artista, tale Aninis, autore dell’opera che passa tra i primi grandi ritratti della storia. Alto, il curioso copricapo piatto sormontato da un cimiero, il Guerriero porta una maschera e ha le braccia ripiegate sul ventre, secondo un rituale che si ritrova spesso nei corredi tombali d’epoca italica. Sul petto e sulla schiena sono visibili due dischi retti da corregge a protezione del cuore. Un altro riparo, in cuoio o in lamina metallica, sorretto da un cinturone, protegge il ventre. Le gambe recano degli schinieri e i piedi calzano dei sandali. Appesi davanti al petto, il Guerriero porta una spada, con elsa e fodero decorati con figure umane e animali, e un pugnale. La destra regge forse un’insegna di comando o una piccola ascia. Gli ornamenti sono costituiti da una collana rigida con pendaglio e da bracciali sugli avambracci.

La statua, su piedistallo, è sorretta da due pilastrini, sui quali sono incise due lance: uno di essi porta l’iscrizione “MA KUPRI KORMA OPSUT ANANIS RAKI NEVII” il cui significato, secondo Adriano La Regina, è «Me bell’immagine fece Aninis per il re Nevio Pomp(uled)io». Accanto al Guerriero, risalente alla fine del VI secolo a.C., fu rinvenuto un busto di donna adorna di monili, probabilmente la sua compagna in vita, cui è stata attribuita la denominazione di Dama di Capestrano. In onore di questa magnifica opera, simbolo per eccellenza dell’Abruzzo e della scultura arcaica italiana, sono innumerevoli le riproduzioni della stessa in molti settori ma negli ultimi anni, l’artista Mimmo Paladino ha progettato la nuova sala espositiva del Guerriero e, ispirandosi ad egli,  ha creato un ciclo di sculture presentate nel 2011, nella mostra Mimmo Paladino e Il nuovo Guerriero. La scultura come cosmogonia.

Caterina Neri