• Leonardo da Vinci
  • 1503-1506
  • 77 cm x 53 cm
  • Olio su tavola
  • Parigi – Museo del Louvre

Un capolavoro assoluto come la Gioconda non è solo un quadro da ammirare affascinati, ma è anche un viaggio nella mente e nelle emozioni di Leonardo. È una porta che si spalanca su un luogo e su un’epoca indimenticabili: Firenze (ma anche Milano, Roma, Mantova, Urbino…) e il Rinascimento.

L’olio su tavola è il dipinto più famoso del mondo e si calcola che ogni anno circa sei milioni di persone si accalchino per ammirarlo nella sala del Louvre a Parigi in cui è esposto, rimanendo ammaliati dalla sua straordinaria bellezza, talmente straordinaria da avere con sé un che di misterioso, mistero che sintetizza l’arte di Leonardo. Il primo enigma da risolvere, dunque, riguarda l’ubicazione del quadro. Per dare una risposta a questo interrogativo bisogna partire dal principio, ossia da quando nel 1503 Leonardo accetta la commissione del dipinto sulla quale vi sono tra l’altro ulteriori dubbi. L’ipotesi più accreditata è quella attribuita a Giorgio Vasari che ne “Le Vite” scrive: “Prese Lionardo a fare per Francesco del Giocondo il ritratto di Monna Lisa sua moglie, e quattro anni penatovi lo lasciò imperfetto, la quale opera è appresso il re di Francia in Fontanableo”. Ecco perché il famoso dipinto di Leonardo da Vinci ha due titoli- Gioconda e Monna Lisa-: Lisa era la moglie del mercante del Giocondo. Quanto al “destino” del quadro, Vasari scrive “…e quattro anni penatovi lo lasciò imperfetto..”. Leonardo, dunque, avrebbe lavorato al dipinto per quattro anni senza terminarlo, per poi- si suppone- portarlo con sé a Milano quando vi si trasferirà. Sembra inoltre che il quadro non sia mai stato consegnato al suo committente. Nemmeno i più accurati studi d’archivio hanno trovato alcuna nota di pagamento (che Leonardo era uso fare); inoltre, nel testamento dettato da Francesco del Giocondo nel gennaio 1537, non compare alcun accenno al famoso ritratto. Nonostante ciò alcuni fonti rivelano che l’assistente di Leonardo, Salai, dopo la sua morte si sia impossessato del quadro in questione e lo abbia a sua volta venduto per la cospicua somma di 4000 fiorini d’oro al re di Francia Francesco I. La Gioconda non diventa comunque proprietà della corona francese fino alla decapitazione di Re Luigi XVI nel 1793. L’unica cosa certa è che difficilmente potrà tornare in Italia per un motivo fondamentale: il quadro è troppo fragile per essere spostato.


È un ritratto di donna, forse mai realmente terminato da Leonardo che lo portò sempre con sé aggiungendo di tanto in tanto qualche pennellata; tanto è vero che grazie ai raggi X oggi si è scoperto che sotto la versione attuale ce ne sono altre tre. In virtù di ciò non si riescono ad apprezzare le sopracciglia che tanto esalta Giorgio Vasari nelle sue scritture. Si apprezzano ancora invece benissimo lo sguardo ambiguo ed enigmatico, caratterizzato da pupille e iridi castane, che guardano e allo stesso tempo sfuggono lo sguardo dell’osservatore, ed il sorriso fatale che lo stesso Vasari definisce “più divino che umano” e che l’artista avrebbe ottenuto circondando la sua modella di musici, cantori e giullari per suscitarle quell’accenno di sorriso e attenuare l’aria malinconica che caratterizzava sovente i ritratti. Monna Lisa, o chi per ella, è seduta di tre quarti su una sedia, ma gira la testa frontalmente verso lo spettatore. La sua posa, estremamente naturale, non ha nulla di artificioso né di studiato; l’espressione risulta enigmatica soprattutto a causa del sorriso appena accennato e dello sguardo la cui espressione è indecifrabile. La mano destra poggia sul dorso e sul polso della sinistra che stringe delicatamente lo schienale di una poltrona in legno. I capelli lisci, e con la riga sul centro, cadono arricciati in piccoli boccoli sulle spalle. Sul capo la Gioconda porta un velo nero trasparente e sulla spalla sinistra è gettato con apparente noncuranza un drappo simile a una sciarpa o a un leggero mantello. Tutto il dipinto è caratterizzato dalla tecnica tipica di Leonardo dello sfumato. In pratica l’artista lavorava per velature, cioè stendeva strati di colore molto diluito uno sopra l’altro arrivando così ad ottenere una pittura estremamente morbida e sfumata. Questo si nota soprattutto nel viso, la cui espressione è mutevole e guardandolo più volte appare l’espressione impercettibilmente diversa.

Nel suo “Trattato della pittura” infatti Leonardo consigliava ai pittori che dovevano eseguire un ritratto o comunque una figura o un viso, di farlo verso sera o nelle giornate di brutto tempo quando le luci sono più deboli e i lineamenti appaiono più dolci. Scriveva testualmente: “Pon mente per le strade sul far della sera ai visi di uomini e di donne quando è cattivo tempo quanta grazia e dolcezza si vede in essi”. Questo costituisce una grande novità per la pittura dell’epoca, infatti un ritratto fermava l’istante, l’espressione di un momento; Leonardo invece mette sulla tela il tempo che passa e i cambiamenti che porta. Ecco quindi un confronto, un parallelo tra il tempo breve con i mutamenti di espressione della donna e il tempo lungo con i mutamenti dell’ambiente della Terra delle rocce. Infatti così come per la figura femminile, un delicato vitalismo caratterizza il trattamento del paesaggio, il quale si integra perfettamente con la figura. Esso è caratterizzato da un’atmosfera sfumata, quasi nebbiosa; anche in questo caso Leonardo ha applicato nel quadro la sua conoscenza e l’osservazione diretta della natura. Leonardo è stato il primo a mettere in pratica il concetto di prospettiva aerea, in pratica si era accorto che gli elementi del paesaggio man mano che sono più lontani da chi osserva sbiadiscono, cioè assumono una colorazione grigio-azzurrina, il motivo è dovuto alla quantità d’aria che sta tra l’osservatore e l’oggetto osservato. Per esempio le rocce alle spalle della Gioconda: quelle più vicine sono più scure e hanno una consistenza diversa rispetto a quelle più lontane che risultano evanescenti. Infine ai due lati della Gioconda si vedono appena le basi di due colonne. Sicuramente la donna era seduta davanti a un parapetto in una loggia e il paesaggio che si vede da questo punto panoramico potrebbe essere uno scorcio della Valle dell’Arno, dove esiste tuttora un ponte molto simile a quello che si vede sullo sfondo.

Sofia Lenzi