• Michelangelo Buonarroti
  • Volta della Cappella Sistina
  • 1508/1512
  • Affresco
  • Cappella Sistina, Musei Vaticani, Città del Vaticano – Roma.

Il Cinquecento in Italia si apre come un secolo estremamente tormentato, segnato da decadenza politica ed economica. Il sistema dell’equilibrio tra gli Stati italiani garantito dalla pace di Lodi del 1454, terminò infatti alla fine del secolo, con la discesa nella penisola del re francese Carlo VIII. La frammentazione del territorio italiano aprì inoltre la strada alle mire espansionistiche delle potenze europee, come Francia e Spagna. Quest’ indebolimento politico fu accompagnato anche da una profonda crisi religiosa che scosse l’Europa a partire dalla Germania. Il movimento protestante avviato da Lutero nel 1517 provocò una frattura all’interno della Chiesa, poiché ne criticava il malcostume diffuso, la vendita delle indulgenze e la giustificazione per fede. A queste accuse il Papato rispose in modo intransigente attraverso la Controriforma, che previde la nascita dell’Inquisizione e l’introduzione di pesanti censure con la pubblicazione dell’Indice dei libri proibiti. Ma l’aspetto più importante di questo periodo è che Roma, in particolare sotto la guida di Paolo III Farnese, richiamò a se numerosi artisti dell’epoca, al fine di riaffermare l’egemonia della Chiesa. Questi anni furono per la città papale un ritorno ai fasti delle epoche precedenti, con un susseguirsi di artisti che determinarono l’affermazione di Roma come uno dei più importanti centri artistici del tempo. In questo clima di crisi politica, ma anche di fioritura delle arti, si forma nella bottega del Ghirlandaio a Firenze uno dei massimi artisti del Cinquecento, Michelangelo Buonarroti.

Egli, insieme a Raffaello e Leonardo, viene considerato una figura essenziale di tutta l’arte, che fu in grado di confrontarsi con l’Antico e superarlo, ponendo così le premesse per la sensibilità degli artisti successivi, e fu attivo a Roma per la prima volta fra il 1508 e il 1512, quando Giulio II gli commissionò gli affreschi della volta della Cappella Sistina. Nel dipingere la volta, l’artista procedette dalle campate vicino al portale d’ingresso a quella sopra l’altare. La rima campata a partire dal portale ospita una figura assai interessante, dipinta nel 1509, che cela nel suo volto un segreto dell’artista. Si tratta della Sibilla Delfica, descritta da Michelangelo stesso come “una delle più suggestive e affascinanti che affrescai”. La sua presenza scenica non passa inosservata: il suo sguardo enigmatico, la sua postura e quella sua veste colorata non fanno altro che incantare lo spettatore. Come una Madonna imponente, la Sibilla è assisa su un maestoso trono architettonico, affiancato da due putti cariatidi. Nella mano tiene un rotolo dal quale legge l’oracolo, e il suo nome, “DELPHICA”, è scritto in una tabella che fa da base al trono. Sul volto splendido della donna è dipinto uno sguardo sbigottito, incorniciato da un velo che corre lungo la schiena, mentre il corpo è avvolto da un mantello dai colori vivaci. Il verde, il blu e il rosso sono ravvivati dai riflessi della luce, che mette in risalto il panneggio.

Ma chi è questo personaggio affascinante? Nella Grecia antica, la sibilla era una profetessa che stava presso il santuario del dio Apollo di Delfi, e posseduta dallo spirito del dio prevedeva il futuro. Nella complessa decorazione della Cappella Sistina, quindi, la Sibilla Delfica assume il ruolo di profetessa della venuta di Cristo sulla Terra. È proprio dal fatto che la Sibilla Delfica, una figura del mondo antico vissuta prima della nascita di Cristo, che risiede il motivo che spinse il maestro a dipingere nel suo volto qualcosa di insolito. Chiunque rimane ammaliato dalla bellezza della donna ma nessuno ha mai notato, tra le sue labbra sensuali, la presenza di un dente soprannumerario. La perfetta armonia del viso della Sibilla viene interrotta bruscamente da un quinto incisivo, che sembrerebbe apparentemente un errore dell’artista. Eppure, se non in altri casi, nella sula lunga produzione, Michelangelo rispetta la morfologia naturale della chiostra dentale, ovvero quattro incisivi (due superiori e due inferiori) disposti simmetricamente rispetto all’ asse sagittale del corpo. Ciò che spinse un grande artista come Michelangelo ad “imbruttire” il suo capolavoro, a raffiguralo in qualche modo “contro natura”, viene trattato ampiamente dal critico d’arte Marco Bussagli all’interno del saggio I denti di Michelangelo, nel quale rivela una complessa visione simbolica dell’artista riguardo il tema del cristiano e del profano. Il Buonarroti era un uomo molto devoto, convinto che la bellezza, intesa anche come bellezza fisica, fosse un attributo di Dio dato agli uomini attraverso la creazione. Egli tentò di esprimere questa bellezza divina in tutte le sue opere, basti pensare, ad esempio, alla creazione di Adamo nel punto centrale della volta. Questa visione si associa alla Sibilla Delfica in modo contrario: la donna visse prima della nascita di Cristo, in un mondo pagano governato da dèi, e quindi privo della bellezza donata da Dio. Per questo Michelangelo decise di dipingerla con il mesiodens (nome latino del quinto incisivo), per identificare la sua lontananza dalla vera fede. Il quinto incisivo di Buonarroti evidenzia una complessa interiorità dell’artista, che si fonda su una profonda fede cristiana e un disprezzo per ciò che non la abbracciava, disprezzo che mai espresse pubblicamente ma mantenne nella sua intimità.

Laura Schirru

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