• Salvador Dalì
  • 1944
  • Olio su tela
  • 51×41 cm
  • Museo Thyssen-Bornemisza – Madrid

Sogno causato dal volo di un’ape è uno dei quadri più suggestionanti del pittore catalano Salvador Dalì, tra i massimi esponenti del Surrealismo e fra i più importanti artisti del XX secolo. Nato nel 1904, egli fin da giovane si dedicò all’arte in modo più generale possibile, spaziando anche nella scrittura di sceneggiature per diversi film che destarono grande scandalo. Fu solo intorno agli anni Trenta che aderì al movimento, distinguendosi subito per la sua personale interpretazione surrealista, non in maniera passiva e quasi remissiva, bensì dinamica, reattiva e razionale, ideando il “metodo paranoico-critico”. Egli difatti non si lasciava trasportare dall’inconscio, ma lo dominava attraverso la ragione, interpretando sempre la matrice delirante. Così facendo Dalì non conferì mai alle sue opere un carattere prettamente paranoico, in quanto l’impulsività della psiche veniva primariamente processata dal suo giudizio; persino la componente onirica – che il pittore studiò affascinato, ammirando le nascenti teorie freudiane – finiva per confluire addirittura in forme di Iperrealismo, proprio come in quest’opera.

Dalì fu ispirato dal sogno che la moglie e modella Gala Éluard fece quando, intimorita dal ronzio di un’ape che le volava accanto, venne svegliata di soprassalto dalla paura di essere punta. L’artista, come di consueto per i surrealisti, cercò di fissare sulla tela ciò che questo passaggio immediato e imprevisto dal mondo dei sogni alla realtà, possa aver suscitato nell’inconscio di lei, applicando anche qui il metodo paranoico-critico. L’opera raffigura in posizione centrale il corpo nudo di Gala, disteso e levitante sopra uno scoglio perfettamente piatto, che emerge da una distesa d’acqua altrettanto piatta e apparentemente vetrificata. Mentre la donna è immersa in un sonno ingenuo, è sullo sfondo che si svolge l’azione dinamica. Da una gigantesca melagrana, sembra fuoriuscire un pesce enorme, dalla cui bocca spalancata esce una prima tigre, dalle cui fauci sembra aver appena rigurgitato un’altra tigre di minori dimensioni, protratta verso la donna dormiente, con zanne e artigli pronti a sferzare il colpo mortale.

L’arco acuto generato dalle figure mostruose, i cui colori riconducono all’ape, si conclude con un fucile a baionetta, la cui punta è prossima al braccio destro di Gala che sta probabilmente a indicare il pungiglione dell’insetto, mentre la vicinanza così marcata alla pelle, simboleggia il rischio elevato per la donna di essere punta nel sonno. Nonostante ad una prima occhiata si possa pensare che sia proprio Gala la figura in primo piano, osservando meglio si nota che così non è. Il primissimo piano è infatti dedicato ad una vera e propria ape, che ronza attorno ad una melagrana dalle dimensioni realistiche. È come se la donna segnasse una linea di demarcazione fra il mondo onirico (alla sua destra) e la realtà (in primo piano); essa è in procinto di svegliarsi, ma Dalì volle raffigurare il momento immediatamente precedente, ed è per questo che il volto della moglie risulta rivolto verso lo sfondo. A completare la scena, in lontananza emerge dall’acqua un inverosimile elefante dalle esilissime zampe da insetto, che carica sulla groppa un pesante obelisco di pietra che riprende e reinterpreta in modo surrealista la scultura Obelisco della Minerva, realizzata da Gian Lorenzo Bernini a Roma, nel 1667. Infine, sul bordo destro del dipinto, un promontorio si erige fin quasi a toccare la luna, ma nonostante ciò, la superficie del mare rimane priva di increspature; anche altri elementi minori, come i due chicchi di melagrana sulla sinistra, le due goccioline d’acqua sullo scoglio e le due conchiglie sulla destra sono fatte levitare del pittore in modo tale da non intaccarla.

Sebbene l’intento di Salvador Dalì fosse quello di realizzare una composizione surrealista, dettata puramente dall’inconscio onirico, l’opera risulta essere, al contrario, iperrealistica. Tutte le figure sono infatti immediatamente riconoscibili, i colori fedeli agli oggetti rappresentati e la nitidezza rimane costante, non diminuendo proporzionalmente con l’allontanamento di un soggetto dall’occhio dell’osservatore. Per la donna invece, ad uno stile quasi fumettistico come quello scelto per le tigri, ne viene preferito uno più realistico, data la grande esperienza della fisionomia femminile che possedeva il pittore. L’illuminazione è fredda ed è sufficiente osservare le ombre degli oggetti per individuare la provenienza della luce dall’alto, in particolare dal lato destro del quadro.

La dinamica compositiva del dipinto vede la creazione di un ciclo, formato dall’unione di due curve di verso opposto. In particolare, il corpo di Gala genera una curvatura accennata da destra verso sinistra, mentre il movimento che si estende dalla melagrana alla punta della baionetta, forma una più marcata curva diretta da sinistra verso destra. Una seconda contrapposizione si osserva tra il moto sostenuto dall’elefante sullo sfondo, da destra verso sinistra, e la scena antistante, che procede in direzione contraria.

Il dipinto sottolinea l’evento frutto di un sogno, in quanto le scene, pur essendo surreali, mantengono comunque un aggancio alla realtà. Ad esempio, l’ape è presente nella scena sia come ape in sé, ma anche come mostruoso essere che ne mantiene i colori giallo e nero e il caratteristico pungiglione, seppur anch’esso simboleggiato da un oggetto differente. Un altro degli aspetti tipici del mondo onirico, è la presenza di elementi completamente estranei alla scena, a volte impossibili: è il caso dell’elefante sullo sfondo e la gigantesca melagrana. Infine, la particolare forma che l’ombra della melagrana in primo piano forma tra lo scoglio e la superficie dell’acqua, determina un cuore, su cui molti critici concordano sul fatto che Dalì volle rendere omaggio al suo amore per Gala, non solo come moglie, ma anche figura di riferimento e musa ispiratrice, tipicamente rappresentata in pose erotiche.

Francesco Baldassarre