Pirro Ligorio

1501/1572

Piazza Trento 5, Tivoli, ROMA:

Villa d’Este, patrimonio UNESCO dal 2001, fu commissionata dal cardinale Ippolito d’Este che aveva ricevuto in dono da Giulio III, allora Papa, diversi territori nella zona di Tivoli. Per avere il controllo diretto su questi territori così ampi, il cardinale decise di trasferirsi a Tivoli così da poterli gestire personalmente. Nacque così Villa d’Este, inaugurata nel 1572. Qui negli anni lavorarono artisti di un certo rilievo che riuscirono a portare questa struttura a livelli di eccellenza assoluta. Nel XVIII secolo Villa d’Este attraversò un periodo di degrado dovuto all’incuria e a causa del passaggio di proprietà agli Asburgo. Fu solo a partire dalla metà del 1800 che, per mano del cardinale Gustav von Hohelohe, furono intrapresi lavori di ristrutturazione. In questi anni passarono tra le mura della meravigliosa Villa, tornata a vita nuova, anche personaggi noti come il musicista Franz Liszt che qui compose la sonata per pianoforte “Giochi d’acqua a Villa d’Este”. Altri lavori furono eseguiti negli anni 1660-’70, quando fu coinvolto anche Gian Lorenzo Bernini.

Allo scoppio della prima guerra mondiale la villa entrò a far parte delle proprietà dello Stato Italiano, fu aperta al pubblico e interamente restaurata tra il 1920-’30. Un altro radicale restauro fu eseguito, subito dopo la seconda guerra mondiale, per riparare i danni provocati dal bombardamento del 1944. Era necessario sfruttare e trasformare le preesistenti strutture dell’antico convento di Santa Maria Maggiore: il Ligorio sviluppò l’edificio attorno al chiostro benedettino, che trasformò in un elegante portico, utilizzando il muro della chiesa come chiusura della corte. Gli ambienti sono posti in successione: appartamenti del cardinale, sale di rappresentanza, sale degli ospiti ed altre zone di servizio. La facciata principale è quella che domina il giardino, rispondendo alla volontà dei proprietari di manifestare agli ospiti la grandezza del giardino dalla villa.

Dall’appartamento superiore una scalamolto scenografica, permette di scendere nell’appartamento nobile attraverso un lungo corridoio, caratterizzato da tre fontane, che dà la possibilità di entrare nelle stanze che affacciano sul giardino. La sala di Noè fu progettata da Girolamo Muziano, ed è totalmente affrescata nelle pareti da Matteo Neroni. Le pitture simulano arazzitendaggi e scorci di paesaggi e sulla voltadipinta da Durante Alberti, è rappresentato il sacrificio di Noè e la descrizione delle quattro stagioni. Da questa sala si poteva accedere anche al giardino segreto. Sempre da questa sala si passa sia alla sala del Mosè, ove sulla volta vi è l’affresco di Mosè nell’atto di far sgorgare l’acqua per dissetare gli Ebrei, che a quella di Venere molto diversa dalle altre, difatti ospita solo la Venere circondata da Amorini sulla volta. Inizialmente vi era una finto antro, dove scorreva dell’acqua, in cui era posizionata la statua di Venere sdraiata che fu fatta rimuovere e la grotta dedicata alla Madonna di Lourdes. Si prosegue poi nella prima sala Tiburtina affrescata da Cesare Nebbia e allievi; gli affreschi si ispirano ai miti del territorio, vi è Ercole che combatte contro Albio e Bergio e il mito di Vulcano. Sulla volta gli affreschi sono molteplici: lo sbarco in Lazio dei tre fratelli Tiburto, Catillo e Coriace, mentre su una parete è rappresentata la decima fatica di Ercole.

Nella seconda sala Tiburtina è rappresentato, sulla volta, il trionfo di Apollo, la personificazione dei fiumi tiburtini e la sibilla Tiburtina e l’Aniene.

Si può poi passare al salone delle fontaneCalandrino scolpì una fontana rustica addossandola ad una parete, le decorazioni sembra siano state eseguite da Taddeo Zuccari e Girolamo Muziano, o comunque dai loro allievi, probabilmente terminate da Federico Zuccari. Al centro della volta è rappresentato il convitto degli Dei e nei riquadri laterali sono presenti affreschi che ci raccontano dei sacrifici che venivano offerti a Diana, a Bacco, a Cerere e ad Apollo. Sulla parete vi è un affresco che rappresenta, in modo significativo, il progetto originario della villa, molto particolare è la riproduzione, vicino all’angolo di una parete, di una finta porta da cui si affaccia un gentiluomo, un’altra finta porta è dipinta sulla parete opposta e qui si affaccia una dama con un leopardo al guinzaglio. Da questa sala si può raggiungere, attraverso una bella loggiail giardino. Se si prosegue si possono ammirare altre quattro stanze, quella delle fatiche di Ercole, che sono descritte da un ciclo di affreschi distribuiti lungo le pareti, mentre sulla volta è dipinto il concilio degli Dei le opere sono di Girolamo Munziano e di Federico Zuccari, la seconda è quella della Nobiltà mentre la terza è quella della Gloria degli Este, queste ultime due sono state affrescate dagli stessi autori della prima, mentre nella quarta e ultima sala, quella della Caccia, vi sono rappresentate scene venatorie eseguite dal Tempesta; anche da quest’ultima sala si può accedere al giardino attraverso una scala a chiocciola. Le stanze private, quasi sicuramente abbellite da arazzi, sono state affidate alle decorazioni di Livio Agrestiche eseguì sia personalmente sia guidando i suoi allievi. Il salone centrale fu affrescato con le personificazioni della Saggezza, dell’Umanità, della Carità e della Pazienzaraffinatissimo è il soffitto ligneo della camera da letto del cardinale e gli affreschi rappresentanti la Pietà e la Sicurezza, le altre due stanze rimanenti, l’anticamera e il camerino, sono decorate con le virtù e con busti di filosofi greci, la bellissima cappella privata ospita un’immagine, riproduzione di una pala andata perduta di Lelio Orsi, della Madonna della Ghiara, poi ancora dipinti di profeti e di sibille, vi sono infine affreschi che rappresentano storie della Vergine. La villa è caratterizzata da un maestoso giardino dove sono presenti sentierigrotte e magnifiche fontane. Ideato dal pittore e architetto Pirro Ligorio, realizzato da Alberto Galvani, e abbellito grazie al contributo di moltissimi artisti e artigiani, si tratta di un giardino barocco.

Le Fontane 

Fontana di Venere: si trova nel cortile interno della villa ed ha il compito di accogliere il visitatore. Realizzata interamente in travertino ha come motivo ricorrente l’aquila, simbolo della città di Tivoli.

Fontana dell’Organo: alla sua realizzazione ha contribuito anche Gian Lorenzo Bernini, nella nicchia centrale, vi è un organo idraulico, un dispositivo azionato dalla caduta delle acque che ogni due ore emette suoni e melodie grazie alla spinta meccanica impressa dall’acqua stessa sui tasti dell’organo. Un artificio unico nel suo genere e talmente strabiliante che ancora oggi i visitatori della Villa ritengono che vi sia un pianista nascosto all’interno della fontana.

Fontana del Nettuno: è la più imponente di quelle presenti nonché la più scenografica per la mole di acqua e di zampilli, una cascata scende, al centro della composizione, grazie a un dislivello a terrazze successive, fino alla vasca centrale. Dietro il velo d’acqua, in una nicchia che sembra simulare una grotta, giace il busto di Nettuno. Presenta una particolarità rispetto alle altre, è infatti quella di più recente realizzazione. La sua creazione risale alla prima metà del XX secolo.

Peschiere: lunghe vasche rettangolari poste in successione di fronte alla grande fontana di Nettuno, di cui raccolgono le acque. Il nome si riferisce al fatto che qui venivano allevati pesci di acqua dolce allo scopo di intrattenere ospiti e abitanti della villa con la pesca, e per garantire una riserva sempre fresca di cibo.

Fontana dell’Ovato: un grande bacino a forma ovale, è idealmente il regno della natura, il punto in cui si celebra la straordinaria ricchezza della campagna laziale. La fontana, infatti, rappresenta i Monti Tiburtini dai quali ha origine l’Aniene, il principale affluente del Tevere non ché la principale fonte dell’acqua di tutto il giardino. Al centro, proprio sopra la cascata, è visibile una figura di donna, la Sibilla Tiburtina che veniva venerata come una divinità in un tempio, posto proprio nei pressi dell’Aniene.

Viale delle Cento Fontane: un “fiume” particolare, originato dagli zampilli di cento bocche.

Rometta: è Roma rappresentata come una donna in armatura e affiancata dall’immortale simbolo della Lupa che allatta Romolo e Remo. A fare da sfondo, in origine, le grandi bellezze architettoniche più rappresentative della città: Colosseo, Colonna Traiana, Arco di Costantino. Questa fontana rivela il grande amore di Ippolito d’Este per Roma, la città in cui gli avevano impedito di costruire il proprio castello. E fu così che non potendo avere un castello dentro la città, decise di portare Roma dentro la sua villa.

Fontana dei Draghi: qui è rappresentata l’undicesima fatica di Ercole, prendere i pomi d’oro nel Giardino delle Esperidi, affrontando il drago dalle molte teste. I draghi sputano limpidi getti d’acqua.

Fontana della Civetta: rappresenta l’apoteosi della megalomania del Cardinale Ippolito d’Este. Infatti qui, sul timpano, si vedono due angeli intenti a sorreggere lo stemma della Casata degli Este. E in alto, “a sorvegliare” il tutto, c’è l’aquila di Ippolito II tra due gigli. All’interno della nicchia, tra le foglie di olivo, fu creato, da Luc Leclerc, un gioco musicale con venti uccellini che cinguettavano. Quando però appariva la civetta si zittivano per poi ripartire a cinguettare uno alla volta.

Il parco ha anche connotazioni simboliche e filosofiche, se non addirittura esoteriche. Con la sua realizzazione l’architetto intendeva mostrare che l’uomo, nella ricerca della felicità, è sempre combattuto tra ambizioni personali, accettazione del proprio destino e ricerca del bello nell’arte e nella natura. A questa idea corrisponde la perfetta geometria del parco, dove però i sentieri, continuamente e volontariamente interrotti, comunicano un’impressione di incompletezza.

Adele Borragini e Micol Vesco