• Raffaello Sanzio
  • 1511-1512
  • 500 x 750 cm
  • Affresco
  • Musei Vaticani –  Roma

La Cacciata di Eliodoro dal Tempio è un affresco realizzato da Raffaello Sanzio tra il 1511 e il 1512, di dimensione 500 cm x 750 cm. È situato nella Stanza di Eliodoro, una delle quattro Stanze Vaticane: Raffaello, dopo essere stato menzionato da Bramante, fu convocato a Roma dal pontefice Giulio II, che gli commissionò la decorazione del nuovo appartamento papale nel Palazzo Vaticano.

La Stanza di Eliodoro, destinata alle udienze private del Pontefice, mostra diversi episodi dall’Antico Testamento fino all’epoca medievale. Gli affreschi eseguiti rappresentano la protezione di Dio verso la Chiesa minacciata in diversi casi: con la Cacciata di Eliodoro dal Tempio nel suo patrimonio, con la Messa di Bolsena nella sua fede, con la Liberazione di San Pietro nella persona del pontefice e con l’Incontro di Leone Magno con Attila nella sua sede.

L’affresco illustra l’episodio tratto dal Libro dei Maccabei, dove Eliodoro di Antiochia, ministro del re siriano Seleuco IV, fu incaricato di profanare il tesoro racchiuso nel tempio di Gerusalemme. Grazie alla preghiera del sacerdote Ania, che chiede un aiuto divino, evocando un cavaliere a cavallo e due fanti, Eliodoro viene attaccato e cacciato dal Tempio con i suoi seguaci. La scelta di rappresentare la Cacciata di Eliodoro dal Tempio è legata al voler raffigurare soggetti sacri legati ai miracoli, con lo scopo di valorizzare e rafforzare la Chiesa, che attraversava un momento difficile a causa del conflitto con i cardinali filofrancesi. Il cartone preparatorio di quest’opera si trova al Louvre, mentre alcuni studi all’Ashmolean Museum di Oxford. Esiste anche una seconda versione, probabilmente una bozza preparatoria, eseguita a tempera e conservata a Palazzo Manzi a Civitavecchia.

La scena è rappresentata in un maestoso edificio classico con lo scorcio in prospettiva di una navata con il soffitto dorato che ricorda la Scuola di Atene. L’azione si svolge soprattutto nella parte destra dell’affresco, dove Eliodoro, con dietro i suoi aiutanti, viene travolto e steso a terra dal cavallo bianco. Nella parte sinistra è rappresentato Papa Giulio II che assiste imperterrito alla scena, seduto sulla sedia gestatoria, trasportata da due guardie barbute con i tratti del volto molto simili, circondato da altri spettatori; la rappresentazione di Giulio II sulla lettiga rappresenta l’inviolabilità della Chiesa e la riaffermazione del suo potere. Il Papa è uno dei personaggi che risalta maggiormente, ciò è dovuto al cambiamento delle sorti della guerra, che dal 1512 si stava svolgendo a favore del Pontefice. In aggiunta, c’è il dettaglio dello spettatore che si tiene alla colonna per osservare meglio la scena, ripreso più volte, come ad esempio negli affreschi della Stanza di Costantino.

In questo affresco si nota la forte influenza delle tecniche di Michelangelo nello stile di Raffaello, con colori vistosi e decisi, in particolare nella parte sinistra si nota un utilizzo di toni caldi con il fine di dare maggiore evidenza all’immagine del Papa. L’uso della luce e del colore restituisce toni più densi e saturi, il ritmo della composizione subisce un cambiamento, che ha un andamento vorticoso, dinamico e coinvolgente, dove i personaggi vengono rappresentati con gesti esasperati e torsioni che anticipano il Manierismo. La scena al centro risulta immobile e vuota, dominata da ombre scure profonde e bagliori, mentre ai due lati le figure si muovono e si sovrappongono in modo drammatico.

Maria Grazia Maisto