• Gustav Klimt
  • 1905/1909
  • Mosaico
  • 200 x 700 cm
  • Museum für angewandte Kunst – Vienna

Il lavoro di realizzazione dell’opera venne commissionato a Gustav Klimt nel 1905 circa, da parte della famiglia Stoclet, composta da moltissimi attenti collezionisti appassionati prevalentemente di arti indiane e buddiste. Per realizzare l’opera Klimt tenne conto degli interessi dei committenti. Il mosaico è formato da quindici pannelli e, oltre ad essere realizzato su un fondo di marmo bianco, è interamente decorato con  rame, argento, foglia oro, pietre dure, corallo e maiolica colorata e mai come in questa opera Gustav Klimt impiegò la tecnica musiva, arte che apprese nei suoi viaggi a Ravenna, tra le città del mosaico più importanti al mondo, patrimonio UNESCO. Considerata tra le migliori opere dell’artista realizzate nel suo periodo d’oro, difatti è dominata da un colore dorato. Nel complesso si può distinguere il motivo centrale del Fregio, un albero che occupa la maggior parte del mosaico, e completano la decorazione una donna, una coppia di amanti, un cavaliere e i motivi floreali, la morte della vegetazione che rinasce attraverso il ciclo delle stagioni. Si può quindi dedurre che vi sono rappresentati quasi tutti i temi più cari all’autore. Complessivamente l’opera presenta un contrasto tra il trattamento naturalistico sia dei volti che delle braccia, e l’astratto appiattimento decorativo delle vesti, caratteristica del periodo d’oro di Klimt, che ritroviamo in altre opere come Il bacio e Le tre età della donna.

Nel fregio è presente un ben noto dinamismo, che sta a rappresentare il ciclo della vita, con un continuo fluire e alternarsi di morte e rinascita. L’albero soprattutto, si fa carico di questo significato simbolico, che  rappresenta con i rami o, per meglio dire, con le volute, eleganti e spiraliformi rami  che si estendono sull’intera superficie e danno l’idea di un ciclo infinito. Tra questi rami sono evidenti parecchi elementi decorativi tra cui innumerevoli fiori con la forma di occhi egizi e figure di corvi, rispettivamente simboli della salvezza e della rinascita, e della morte. Il ciclo della vita è presente anche nelle due figure accostate ai due lati del fregio: la donna a sinistra, più precisamente una danzatrice dai tratti orientali rappresentata di profilo e con una postura rigida, che dà l’idea di freddezza e di un’attesa ansiosa, accentuata dalle decorazioni spigolose e geometriche dell’abito triangolare, che contribuiscono a trasmettere rigidità e fissità, a tal punto che la danzatrice stessa diventa elemento decorativo, fondendosi con il fregio stesso.

Ma attesa di cosa? Dell’amore, che viene rappresentato a destra del fregio dalla coppia di amanti stretti in un intenso abbraccio, i corpi avviluppati in un momento, carnale e spirituale, di completa felicità e serenità, sottolineato dalle vesti decorate con motivi circolari e decorazioni fitomorfe. Gli amanti, a differenza della danzatrice che appare gelida, trasmettono una sensazione di serenità, e appaiono quasi intoccabili da qualunque fattore esterno, poiché sono immersi l’uno nell’altra, a ricordarci che lo scopo di questa vita è l’amore, l’unica cosa che può salvarci e può proteggerci da tutto il resto, da tutte le avversità. L’ultima figura del fregio è quella del cavaliere, interpretato erroneamente per molto tempo semplicemente come un motivo decorativo astratto. Indossa un elmo bianco e un mantello policromo, realizzato con una serie di rettangoli, figura geometrica utilizzata da Klimt per rappresentare il maschile. Il cavaliere è il custode del fregio, del giardino eterno dell’arte e dell’amore, ed è quindi soprattutto grazie ad egli che gli amanti possono sentirsi al sicuro da qualsiasi minaccia.

Thomas Filippetti