• Pablo Picasso
  • 1907
  • Olio su tela
  • 243,9 x 233,7 cm
  • MoMa – New York

Il progetto di quest’opera fu tra i più faticosi per Pablo Picasso, che lavorò mesi su schizzi e disegni prima di giungere all’esecuzione definitiva. Il punto di partenza era un interesse per le figure di nudi, associato ad una malinconica preferenza per gli ambienti squallidi. Il tema: un gruppo di donne in un bordello di Avignon, una delle strade di Barcellona ove si praticava la prostituzione. Il progetto iniziale prevedeva, oltre alle cinque figure di donne, anche due uomini: uno studente che, scostando la tenda, entra nella stanza portando un cranio o un libro, qui le donne lo attendono assieme a un’altra figura maschile, forse un marinaio. Il dipinto sembra essere diviso in tre tempi ed ogni figura ha un proprio significato. La donna di sinistra rappresenta il passato che va negato; le due al centro sembrano avere pose rituali, poco sentite e forzate, quasi prive di convinzione. Le ultime due donne a destra, invece, sono la negazione della contraddizione: una negazione che non porta a una nuova positività, ma arriva comunque a risolvere un problema esistenziale reale. Hanno una maschera, non vogliono mostrare loro stesse, i loro sentimenti o lo stato d’animo; vogliono apparire diverse da ciò che sono realmente, nascondendosi dietro ad una falsa identità. L’artista sceglie di ritrarre delle prostitute in seguito al contatto con l’arte di Paul Cézanne a Parigi, durante un viaggio avvenuto nel 1900.

Le donne di Picasso sono più umane delle Bagnanti di Cézanne, meno anonime e più vicine all’identità maschile alienata. Nelle Bagnanti l’artista le osserva da lontano, come se fosse nascosto, al contrario il punto di vista ne Les demoiselles d’Avignon è assolutamente frontale e ravvicinato, come se ci si trovasse già all’interno del bordello. Il tema del nudo all’aperto o di grandi gruppi di nudi, da Cézanne in poi, diventa quasi una tappa obbligatoria per molti artisti d’avanguardia. Già questo tempo è una forma di “primitivismo”, in quanto si pone non solo come esercizio stilistico, ma anche come manifesto morale, o meglio “contro-morale”. Nelle teste delle donne si possono riconoscere le caratteristiche fisionomiche di alcune sculture preromane in pietra: i grandi e neri occhi a mandorla, le orecchie a spirale spinte in alto che assumono dimensioni esagerate e fanno da cornice ovale al viso in cui mascella e mento sono evidenti. La testa della figura di sinistra, rappresentata di profilo con l’occhio frontale, deriva da una convenzione pittorica presente nell’arte egizia e nelle civiltà arcaiche, che Picasso conosce anche grazie all’amicizia con Gauguin. Le figure al centro, invece, hanno maggiori affinità con gli affreschi medievali. Non c’è sfondo in questa tela, né illusione spaziale; le linee chiare e scure segnano i contorni delle forme attraverso uno stile sintetico. Alle donne Picasso non vuole dare tanto una carica erotica, quanto piuttosto una forza aggressiva, di contestazione. Ha bisogno di rappresentare delle prostitute perché esse rappresentano, simbolicamente, le contraddizioni del suo tempo.

Le donne al centro guardano verso l’osservatore in un atteggiamento poco comprensibile: non si capisce se, in maniera realistica, si debba pensare a una messa in mostra della propria “merce”, o se invece in questa ostentazione non vi sia un atteggiamento di provocazione. Gli sguardi non sono ammiccanti, sensuali, ma seri, fissi, velatamente tristi, espressivi di un malessere esistenziale, come se fossero lì contro la loro volontà. Un ruolo fondamentale nel dipinto è ricoperto dalle mani delle donne. La figura di sinistra ha una mano aperta che indica generosità, liberalità e senso di giustizia, è l’unico vero simbolo umanistico del dipinto. L’altra mano è chiusa in un pugno ad indicare lo stato d’animo del primo Picasso, quello di origine spagnola, interessato ai temi della sofferenza e dell’ingiustizia sociale che ritroviamo nel periodo blu. Le donne al centro hanno le mani appoggiate dietro la testa, nascoste. Il loro sguardo è teso, tagliente e trasmette la percezione di una funzione imposta, un destino non voluto e non accettato. Anche nelle altre figure le mani sono nascoste, a parte una con cui la donna tenta di coprirsi, perché in loro domina l’atteggiamento di chi deve rinunciare ai propri ideali giovanili e deve integrarsi nel sistema.

Sono costrette a prostituirsi per vivere, devono vendersi e rinunciare alle proprie idee accettando quelle dominanti (periodo rosa). Il quadro va visto da sinistra a destra. La prima donna è fiera, orgogliosa e dignitosa; quelle al centro sono contrastate, alienate, lacerate. Le figure di destra sono la reazione all’alienazione, questa da un lato viene legittimata, considerata inevitabile, mentre dall’altro lato sembra quasi essere superata con l’illusione della maschera, ma anche con l’assenza di prospettiva, di forma, di armonia. Il dipinto si conclude nel centro in basso, dove la frutta, dipinta per ultima, è forse l’elemento più positivo, più aperto alla speranza: il pittore sembra essere disposto a offrirne all’osservatore, mostrando come al fondo del processo di trasformazione dell’io esista una sorta di ottimismo che salva dalla disperazione e dalla follia. L’arte di Picasso è una forma di recitazione a soggetto, usata dall’artista per emanciparsi socialmente. Les demoiselles d’Avignon è uno dei dipinti più celebri di Pablo Picasso, non esiste altro quadro al mondo che abbia suscitato più studi, dipinti e disegni di questo. Picasso ha voluto rompere con tutte le tradizioni perché nella cultura occidentale l’artista, per affermarsi come tale, avverte il bisogno di distinguersi da ciò che lo precede.

Beatrice Mori