• Caravaggio
  • 1602
  • Olio su tela
  • 295 x 195 cm
  • San Luigi dei Francesi – Roma

Nel1602 venne richiesto a Caravaggio di ultimare la decorazione della Cappella Contarelli, nella Chiesa di San Luigi dei Francesi a Roma, dopo aver già realizzato le altre due opere del ciclo La Vocazione di San Matteo e Il Martirio di San Matteo. San Matteo e l’angelo, di notevoli dimensioni, venne collocata nella parete al centro proprio sopra all’altare dove si trova ancora oggi. Il committente, il Cardinale Matteo Contarelli, gli richiese una pala d’altare per completare la narrazione della vita dell’evangelista San Matteo, trittico di tele  progettato per stupire il pubblico con toni accesi e drammatici. Il momento che gli venne chiesto di rappresentare proviene dalla Bibbia, in cui si narra che a San Matteo un giorno gli appare un Angelo mandato da Dio per aiutare e ispirare il Santo a scrivere il suo Vangelo.

Caravaggio, in una prima versione, rappresenta il Santo in modo molto realistico, in vesti di contadino, con i piedi sporchi, le gambe scoperte e accavallate mentre un angelo, con fattezze di fanciullo, gli guida fisicamente la mano. La testa del Santo è ispirata a busti antichi di Socrate mentre la posizione con le gambe accavallate, oggetto di tanto scandalo, deriva da una figura di Raffaello dipinta nella loggia della Farnesina a Roma. La novità e l’importanza della composizione si riscontrano nel rifiuto della tradizionale identificazione di bello con buono, di brutto con cattivo. Quest’opera venne rifiutata dei chierici perché dissacrante, infatti il protagonista non aveva l’aspetto del Santo ma appariva come una persona “normale” senza aureola, rozzo, ignorante e semianalfabeta preso dalla realtà che lo circondava. Caravaggio porta la sua fede nella realtà attraverso questi particolari che rappresentavano il Santo come un uomo comune. L’opera fu venduta da Caravaggio a Vincenzo Giustiniani. Secoli dopo l’opera andò purtroppo perduta nei bombardamenti degli Alleati di Berlino nel 1945. Dell’opera originale rimangono una foto in bianco e nero e delle ceneri ma è possibile osservare una veritiera riproduzione a colori eseguita dall’artista finlandese Antero Kahila a seguito di anni di studi sulla tecnica e sul linguaggio del Caravaggio.

La seconda versione dell’opera è quella nella cappella e rispetta i canoni tradizionali imposti dai committenti. San Matteo indossa un abito all’antica dalle tonalità rosso calde e arancione ed è colto nel momento di iniziare a scrivere il suo Vangelo mentre l’angelo in alto, gli enumera le 42 generazioni degli Antenati di Gesù. È  girato verso l’angelo e la sua posa suggerisce che abbia appena interrotto la scrittura del Vangelo per ascoltarlo, sembra di fretta, come se avesse paura di dimenticare ciò che gli sta comunicando. L’angelo occupa la parte superiore della scena come se fosse appena giunto. Con le mani, sembra che stia elencando o enumerando una serie di elementi da far scrivere al Santo. Le due figure sono collocate su un piano rialzato alla base della composizione il cui volume è percettibile grazie agli altri elementi: il tavolo e lo sgabello. Il tavolo presenta una prospettiva sghemba, il libro e ruotato e in parte fuoriesce dal piano e il ginocchio sinistro del Santo, intento a scrivere, è poggiato sullo sgabello in posizione precaria. Il dipinto sembra così animato e con una vitalità intensa e palpitante come se l’azione potesse fuoriuscire dallo spazio pittorico proiettandosi verso il basso dove si trova l’osservatore. Si tratta comunque di un mobilio semplice e modesto simile a quello di un ufficio piuttosto che lo scrittoio di un dotto, alludendo così alla precedente attività di Matteo di esattore delle imposte. La sfera divina resta separata da quella umana: l’angelo è in alto, non in contatto con il Santo, e il panneggio della veste angelica sottolinea questa diversità. L’intenso gioco di sguardi riconduce al significato simbolico. Il gioco di sguardi e di mani racchiude,come nella tradizione cattolica, alla collaborazione dell’uomo con Dio e rimandanda a una sorta di grandiosa rappresentazione teatrale. Lo sfondo buio e monocromatico nero, che ricorda lo sfondo di un palcoscenico vuoto, è una delle caratteristiche di Caravaggio che lascia emergere solo qualche piccolissimo dettaglio nella penombra. Questo gioco di contrasti, tra le vesti sgargianti e lo sfondo scuro, pone in risalto San Matteo e l’Angelo.

Matilde Chiari

Approfondimenti

Il mistero dell’angelo perduto